La mostra non si configura come una retrospettiva ma intende ricostruire la produzione di Merello mettendola direttamente a confronto con alcune testimonianze significative del contesto culturale in cui essa maturò e che, in larga parte connotato dalle esperienze divisioniste e simboliste, finì per caratterizzare trent’anni di vita artistica italiana, tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e la Grande Guerra.
Lungo il percorso della mostra, le opere di Merello – dipinti soprattutto, ma anche una consistente selezione della sua opera grafica e buona parte della sua attività plastica ancora rintracciabile – dialogano con quelle degli artisti che egli ebbe modo di conoscere alle Promotrici e in altre occasioni espositive o che ebbe l’opportunità di incontrare: da Giovanni Segantini a Gaetano Previati, dal 1901 presente a Lavagna; da Plinio Nomellini, che si trasferì a Genova nel 1890 e vi rimase fino al 1902, a Giuseppe Pellizza, anche lui residente per alcuni mesi a Genova, dove le sue opere vennero esposte negli anni successivi. Vittore Grubicy, Emilio Longoni, Angelo Morbelli e Galileo Chini aggiungono ulteriori tasselli a questo contesto artistico, mentre Guido Cinotti, Filiberto Minozzi, Benvenuto Benvenuti e Adriano Baracchini-Caputi fecero parte, con Merello, della scuderia di artisti che Alberto Grubicy presentò a Parigi nel 1907 al Salon des Peintres Divisionnistes Italiens.
Nel suo volontario isolamento sul monte di Portofino, concentrandosi ossessivamente sugli stessi angoli di paesaggio, Merello finì con elaborare una propria visione introspettiva della natura che, tangente alle contemporanee esperienze internazionali postimpressioniste e fauve, trovò pure riscontri con le ricerche di altri artisti liguri, da Antonio Discovolo a Domenico Guerello. A cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone.